La Coppa Trivulzio – Chiara Romano

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“Il simbolo del Museo Archeologico di Milano: la coppa Trivulzio”
a cura di Chiara Romano

Museo Archeologico di Milano, 29/12/2019

Il Museo Archeologico di Milano è un piccolo gioiello, conosciuto poco ma ricco di importanti reperti che spaziano dall’epoca etrusca a quella altomedievale. Nella sala dedicata all’epoca romana, insieme a busti e reperti provenienti da abitazioni private, in una vetrina illuminata da una luce proveniente dalla parete, spicca una piccola coppa in vetro: è la Coppa Trivulzio, il simbolo del Museo.

La coppa appartiene ad un gruppo di manufatti rari e di lusso prodotti all’interno di officine specializzate soprattutto in Germania, Italia Settentrionale, Illiria e in Oriente[1]. È uno dei migliori esemplari dei vasa diatreta: il vetraio fondeva o, più probabilmente, soffiava la forma grezza di vetro incolore o, a volte, colorato all’interno di uno stampo e poi intagliato. A lavoro ultimato l’intaglio appariva completamente staccato dal corpo del vaso, a cui era unito per mezzo di ponticelli[2].

Fino alla seconda metà del secolo scorso, si credeva che la maggior parte di questi manufatti fossero stati prodotti intorno al III-IV sec. d.C. Il cambiamento di rotta avvenne a seguito di scavi condotti a Nimega (Olanda) e a Begrām (Afghanistan): vennero alla luce due bicchieri lavorati «a giorno» messi in relazione ad oggetti datati a circa il I sec. d.C.

La coppa del Museo Archeologico di Milano è stata rinvenuta il 9 giugno 1675 nel territorio di Castellazzo Novarese (NO) e venduta, nel 1777 dall’antiquario Dardanoni, all’abate Carlo Trivulzio, importate collezionista milanese, a cui si deve il nome della coppa[3].

Fig. 1. Ritratto dell’abate Carlo Trivulzio con alcuni pezzi della sua collezione, fra cui la coppa (Guida, p. 89)

L’anno successivo, consapevole dell’importanza dell’oggetto, l’abate scrisse le Osservazioni di Carlo Trivulzio Patricio Milanese intorno un’antica tazza di vetro: manoscritto in cui descrive la coppa, le notizie riguardo la scoperta e i vari passaggi di proprietà. La diatreta divenne sempre più famosa perché venne inserita in una delle note all’edizione milanese (1779) della Storia delle arti del disegno presso gli antichi di Winckelmann[4].

Fig. 2. Coppa Trivulzio (Ph. Chiara Romano)

La diatreta (fig. 2), acquistata dal Comune di Milano nel 1935, è in vetro incolore, verde smeraldo, nocciola e azzurro ed è ornata da una rete di cerchi tangenti; i punti di contatto sono decorati con motivo a croce. Al di sotto dell’orlo, in una fascia non interessata dalla rete, corre l’iscrizione BIBE VIVAS MVLTIS ANNIS (“bevi, che tu possa vivere molti anni”). Questa tipologia di iscrizioni si trova anche su altri esemplari, il che suggerisce un uso come recipienti per il vino; altri casi, invece, dovevano essere sospesi con catenelle ed utilizzati come lucerne.

Data la rarità e il lusso di questi oggetti, è verosimile che fossero utilizzati nell’ambito della corte imperiale tardo antica o in cerimonie cultuali[5].

Note:
[1] Guida p. 89.
[2] Da Treccani s.v. Diatreti, vasi e Guida p. 89.
[3] Guida p. 89.
[4] Guida p. 90.
[5] Guida p. 90.

Glossario:
Diatreta: dal latino diatretus, traduzione del termine greco διάτρητος, “forato” o «perforato», è usato per indicare la tecnica con cui si realizzava nell’antichità un tipo particolare di vasi in vetro decorati «a giorno» (Enciclopedia Treccani, s. v.).

Bibliografia:
Guida alla sezione “Milano Antica (V secolo a.C – V secolo d.C)”, Civico Museo Archeologico, 2008, Milano.
Enciclopedia Treccani: s.v. Diatreti, vasi

 

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1 commento

  1. […] di officine specializzate soprattutto in Germania, Italia Settentrionale, Illiria e in Oriente[1]. È uno dei migliori esemplari dei vasa diatreta: il vetraio fondeva o, più probabilmente, […]

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